Mi presento

Sono nata in un piccolo borgo montano che sovrasta il Lago di Garda e mi dedico da oltre quindici anni all’interpretazione della Musica Antica attraverso la pratica delle arpe storiche prive di meccanica e del canto.
Gli strumenti che utilizzo sono l’arpa gotica (medievale), l’arpa doppia a due ordini di corde (rinascimentale) e l’arpa doppia a tre ordini di corde (barocca) mentre la mia tessitura vocale è di mezzosoprano da camera.
Nel corso della mia carriera, che si protrae da una quindicina d’anni, ho svolto la mia attività di suonatrice di Basso Continuo in Europa, Africa e Sud America accompagnando cantanti di spicco nel panorama della Musica Antica tra cui Cyril Auvity, Gemma Bertagnolli, Rosa Domínguez, Adriana Fernandez, Montserrat Figueras, Mariana Flores, Fernando Guimarães, Philippe Jaroussky, María Cristina Kiehr, Emma Kirkby, Guillemette Laurens, Josè Maria Lo Monaco, Martin Oro, Nuria Rial, Victor Torres, Jan Van Elsacker e Furio Zanasi.
Da alcuni anni affianco all’attività di accompagnatrice all’arpa quella di solista proponendo programmi filologici di arpa sola, programmi divulgativi adatti a diverse tipologie di pubblico, progetti didattici, programmi di “ascolto terapeutico” in diversi ambiti del sociale e, con l’intento di contribuire a riportare in vita l’antica pratica di cantare accompagnandosi, mi esibisco in duo con me stessa.


L’Arpa Doppia nella Rappresentazione dell’Antichità

Da alcuni decenni sono tornati nell’uso numerosi modelli di arpe storiche prive di meccanismi e tra tutti quello più in voga è certamente l’arpa doppia italiana, strumento tornato a richiamare nuove generazioni di arpisti ed un pubblico colto interessato alle esecuzioni con strumenti originali.
Da studi approfonditi compiuti negli ultimi decenni risulterebbe che arpe a più file di corde siano già esistite a partire dal XIV sec., ma è sul finire del XVI sec. che l’arpa munita di più cordiere comincerebbe ad acquistare una sua precisa individualità.
In Italia l’arpa rispose bene alle esigenze musicali di quel momento storico ed acquistando un numero sempre maggiore di corde assunse il nome di arpa doppia andando a differenziarsi, nel giro di pochi decenni, in due distinti modelli che mantennero la dicitura di “doppia”, nonostante le differenze organologiche.
Il primo modello di cui ci giungono notizie dettagliate da V.Galilei (1520–1591) nel suo Dialogo della musica antica et della moderna del 1581, era fornito di due ordini di corde; il secondo modello che ne rappresentò la naturale evoluzione, era caratterizzato dalla presenza di tre cordiere offrendo così agli esecutori maggiori possibilità tecniche di quello precedente.
Furono molti gli studiosi che, in passato, misero in luce qualità e peculiarità dell’arpa doppia, eccone solo alcuni:

A.Agazzari (1578–1640), nel suo Del sonare sopra’l basso con tutti li stromenti e loro uso nel Concerto del 1607, ce la descrive: “L’Arpa Doppia, qual è stromento che val per tutto, tanto ne soprani, come ne bassi, devesi tutta ricercare, con dolci pizzicate, con risposte d’ambi le mani, con trilli ect: insomma vuol buon contraponto”.

P.Trichet (1586–1644) nel suo Traité des Instruments de Musique del 1640, ne distingue con estrema precisione i due modelli: “l’arpa à double rang” da quella “à triple rang” aggiungendo, a proposito di quella a tre ordini:
“…il faut avoir beaucoup d’adresse pour toucher subtilement les chordes du milieu engangées parmi les autres…” (trad.:… ci vuole molta pratica per suonare le corde dell’ordine interno …).

Secondo B.Giobenardi (1604–1668), arpista e teorico che coltivò interessi anche in campo organologico (Tratado de la musica, 1634), l’arpa doppia gode di enormi mezzi espressivi grazie alla possibilità intrinseca di poter eseguire le dinamiche all’interno di ogni singola parte della polifonia, effetto da lui definito “meraviglioso”.
Giobenardi ci racconta inoltre che, a differenza degli strumenti a tastiera dove il suono si ottiene necessariamente attraverso i tasti e le penne, e degli strumenti a pizzico dove il suono risulterebbe a volte compresso a causa della tastatura delle corde stesse, nell’arpa il rapporto dell’esecutore con la produzione del suono è diretto e non compromesso in alcun modo da meccanismi esterni poiché nell’arpa il suono si ottiene in maniera naturale, pizzicando le corde con i polpastrelli.

Anche M.Mersenne (1588–1648) ci lascia buone notizie a proposito del nostro strumento; nella sua Harmonie universelle pubblicata a Parigi nel 1636 ci suggerisce che l’arpa, con il modello a tre ordini, sembra aver raggiunto il suo apice.

E G.B.Doni (1595–1647) nel suo Trattato della Musica Scenica del 1635 annovera l’Arpa, insieme alla Viola, tra gli strumenti musicali che per le loro qualità rappresentano meglio d’altri l’Antichità, dichiarando inoltre che una voce soave, accompagnata dal suono dolcissimo dell’Arpa, sarebbe la cosa più bella che potrebbe capitarci di sentire…

Curiosità…

  • La passione per l'arpa mi è stata trasmessa da Mirella Vita (1919-2012) concertista, insegnante e ricercatrice impegnata nel reperimento di pezzi per arpa e nella costituzione di un autentico e filogicamente accertato repertorio.
  • La mia arpa barocca ha novanta corde distribuite su tre file e prevede una tecnica basata sull’inserimento delle dita nella cordiera.
  • Se esistesse la macchina del tempo vorrei tornare al 24 Febbraio 1607 per assistere, a Mantova, alla prima rappresentazione dell’Orfeo di Claudio Monteverdi.
  • A differenza di altri modelli l’arpa barocca si può suonare comodamente in piedi con il vantaggio di potersi muovere agilmente su tutta la tessitura dello strumento.
  • Il termine “arpa doppia” indica entrambi i modelli d’arpa che si susseguirono tra Rinascimento e Barocco in Italia; nel primo modello l’esecutore aveva a disposizione due file di corde, nel secondo tre file.
  • Forse non tutti sanno che sulla banconota da mille lire emessa tra il 1969 e il 1981 è raffigurato, accanto a Giuseppe Verdi, il più antico modello storico di arpa doppia a due ordini giunto ai nostri giorni: l’arpa estense.
  • Il mio liutaio di fiducia, Enzo Laurenti di Bologna, costruisce arpe barocche con estro alternando la sua attività di percussionista etnico alla passione per i gatti, da cui trae ispirazione.

© 2024 Marina Bonetti
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